Eratosthenica è il titolo del progetto che vogliamo presentarvi oggi; il titolo vuole essere un omaggio al lavoro di Bernhardy, ma i contenuti naturalmente sono originali.
www.eratosthenica.it è un sito che in prospettiva si propone di raccogliere quello che ci rimane del lavoro di Eratostene; persone diverse pubblicheranno i frammenti relativi ai diversi campi di cui egli si è occupato.
Mio marito e io abbiamo iniziato a lavorare al sito più di due anni fa; Andrea si è occupato della parte informatica, io dei contenuti. Il sito è costruito su di un database relazionale interrogato dal PHP e programmato da zero. Vi potrà dire lui meglio di cosa si tratta esattamente.
Al progetto collabora anche Alessandra Grimaldi, che si sta occupando dei frammenti di argomento storico e cronografico e che da poco ha concluso una tesi di dottorato nel nostro dipartimento.
Io sto lavorando alle opere di argomento filologico e sto caricando mano a mano nel sito il testo, la traduzione e il commento dei frammenti di questi scritti. La maggior parte del materiale superstite appartiene a un’opera intitolata Sulla commedia antica: era il lavoro più importante di Eratostene in campo filologico e fu alla base di tutti gli studi successivi sulla commedia.
Entriamo a questo punto nel sito per capire di cosa si tratta.
Il sito è circolare e collegato da una serie di link al suo interno: è possibile partire da un punto qualunque per esplorarne i contenuti. Un’altra caratteristica importante è che il contenuto è organizzato in modo da essere comprensibile anche a chi non sa il greco.
Per vedere come funziona, nella List of fragments scegliamo il frammento intitolato “La morte di Eupoli”: qui Eratostene contestava la tradizione secondo la quale il poeta sarebbe stato gettato fuori bordo da Alcibiade durante la spedizione ateniese in Sicilia del 415, per vendicarsi di essere stato attaccato nelle sue commedie. Eratostene notava infatti che Eupoli aveva messo in scena dei drammi dopo questa data, il che ovviamente toglieva ogni credibilità alla notizia. Eratostene certo trovava informazioni sulle date di rappresentazione dei drammi attici nelle didascalie, i cataloghi degli agoni drammatici ad Atene.
Il frammento ha un titolo (ma non un numero visibile): questo permette di pubblicare i frammenti a mano a mano, senza dover aspettare di aver concluso il lavoro e di averli tutti pronti.
Sotto il titolo del frammento troviamo l’indicazione dell’opera alla quale esso presumibilmente appartiene, cioè lo scritto Sulla commedia antica; poi la fonte e le parole chiave.
Aprendo il link del titolo dell’opera troviamo un’introduzione al lavoro e a destra un elenco dei frammenti già pubblicati nel sito riferibili a quest’opera.
Aprendo il link della fonte troviamo l’edizione usata e tutti i frammenti nel sito che derivano da essa (solo questo nel nostro caso).
Le parole chiave servono per individuare i frammenti su un certo argomento. Molte contengono anche informazioni su argomenti che ricorrono in diversi frammenti.
Edizioni precedenti: abbiamo un elenco degli editori che si sono occupati del frammento; in questo caso tutti lo hanno assegnato al lavoro sulla commedia, a eccezione di Jacoby. Quest’ultimo infatti nella sua raccolta dei frammenti degli storici greci ha pubblicato quelli di argomento storico e cronografico di Eratostene; il nostro frammento è stato incluso tra essi perché Jacoby pensava che la nostra nota comparisse anche in un’opera intitolata “Cronografie”.
Short description: qui troviamo una brevissima spiegazione del contenuto del frammento; è scritta in modo da risultare comprensibile anche a chi non è un antichista (è indirizzata per esempio agli storici della scienza o a chi si occupa di linguistica).
Il testo greco segue le convenzioni delle edizioni moderne per quanto riguarda l’uso delle parentesi e dei simboli. L’edizione usata nel nostro caso è quella di Shackleton Bailey: cliccando sul nome si apre il riferimento bibliografico.
La traduzione si rivolge anche a chi non sa il greco: delle brevi note chiariscono i nomi degli autori menzionati e quelli geografici e storici.
Se apro il link “For further reading” compare un commento al frammento. Il commento è più tecnico ed è indirizzato soprattutto agli antichisti; discute il testo e il contenuto del frammento ed eventuali problemi di attribuzione.
Le parole chiave possono essere usate per trovare nel sito frammenti di contenuto simile. Aprendo la keyword “chronography” vediamo che c’è un altro frammento pubblicato che è riferibile alla cronografia, “Astyanax of Miletus”, che ci dà notizie sulle vittorie di un famoso atleta del IV secolo. La voce è stata preparata da Alessandra Grimaldi.
In questo caso l’attribuzione all’opera è sicura, perché la fonte, un commentario su papiro, riporta il titolo del lavoro, Sui vincitori di Olimpia.
La struttura del frammento nel sito è la stessa: testo, traduzione, breve introduzione, commento. L’apparato è nelle note numerate ed è anch’esso tradizionale, in latino. In questo caso ci sono anche i testimonia, che si aprono sotto il testo greco. Aprendo il link del nome dell’editore degli scoli a Teocrito vado alla Bibliografia, da dove, se voglio, posso entrare nel sito archive.org, che contiene l’edizione digitalizzata di questi scoli.
Mia moglie e io apparteniamo alla prima generazione di studiosi che hanno scritto le loro tesi, nel mio caso il mio primo libro, sul computer. Comprai un clone Apple II – l’antenato del Mac – nel 1982 e non ebbi problemi a scrivere in italiano utilizzando la smilza scelta di caratteri disponibili. Mia moglie invece per scrivere la sua tesi di letteratura greca dovette lasciare spazi bianchi nella pagina stampata che poi riempiva a mano con parole e brevi frasi in greco antico.
Infatti a quell’epoca i computer potevano utilizzare solo i classici 128 caratteri ASCII.
Con l’evoluzione dei computer, ai caratteri ASCII si aggiunse presto il gruppo detto Latin1, che comprende tutte le lettere accentate, l’Umlaut in tedesco e altri segni utili.
Questo ancora non ci permetteva di scrivere in greco antico o con alfabeti comunque diversi da quello latino, come il cirillico. Potendo però disporre di 256 caratteri, i programmatori decisero di creare dei font che sostituissero ai caratteri latini segni completamente diversi, specifici di una determinata disciplina, come nel mio caso la musica. Per quello che riguarda gli antichisti, nacquero font come SuperGreek.
SuperGreek ci permette di scrivere testi in greco classico facilmente, ma con alcuni caveat:
Tutti questi problemi, e molti altri che non affrontiamo in questa sede, furono risolti pochi anni fa dall’introduzione di UNICODE.
Un singolo font UNICODE contiene più di un milione di caratteri che permettono di scrivere in molte lingue parlate e del passato, come appunto il greco antico. Inoltre i font UNICODE sono compatibili con i font più vecchi (backwards compatibility), ovvero lasciano inalterate le prime 256 posizioni: i caratteri ASCII e Latin1.
Ritornando ai caveat che ho elencato prima, utilizzando un font UNICODE solo il primo rimane, ovvero il dover imparare la posizione sulla tastiera dei caratteri greci. Ma in cambio ora possiamo:
Fino ad alcuni decenni fa l’editoria era cambiata pochissimo dai tempi di Manuzio. Sostanzialmente esistevano tre figure che agivano in una sorta di triello alla Sergio Leone: lo scrittore, l’editore e lo stampatore.
Lo scrittore, che aveva i diritti su quello che scriveva, veniva messo sotto contratto dall’editore – che lo pagava oppure no a seconda degli accordi – e quest’ultimo pagava lo stampatore che forniva il prodotto finito cartaceo. Spesso, ma non sempre, l’editore e lo stampatore coincidevano.
Oggi le cose sono cambiate: la tecnologia ha introdotto elementi giuridici nuovi che non sempre sono tenuti nella giusta considerazione. Tutti i libri stampati odiernamente devono necessariamente passare sotto le forche caudine di due software proprietari: Microsoft Word e Adobe PDF. Esistono certo le copie cartacee che danno un senso di sicurezza, ma in realtà ce ne saranno sempre meno, e comunque le eventuali ristampe implicano l’impiego obbligato da parte degli stampatori del formato PDF.
Se improvvisamente i proprietari dei marchi Word e PDF decidessero di ritirare dal commercio i loro prodotti, in linea molto teorica tutte le matrici di stampa risulterebbero obsolete e inutilizzabili. Ecco perché bisognerebbe sempre leggere le licenze d’uso del software!
Dagli anni ’90 si è sviluppato un dibattito tra informatici ed esperti di dati su quali fossero i metodi migliori per conservare le informazioni e in ultima analisi i testi. La risposta, a tutt’oggi, è TXT, ovvero i file di testo puro.
I vantaggi del TXT sono:
Purtroppo il formato TXT non permette alcun tipo di formattazione. Solo l’andata a capo e la tabulazione sono accettate, ma poi null’altro.
Ed è qui che entra in gioco il formato HTML (HyperText Markup Language), ovvero il linguaggio proprio delle pagine pubblicate sul web.
L’HTML è un giusto compromesso tra gli estremi rappresentati dai formati proprietari (Word e PDF) e il testo puro TXT, perché l’HTML permette una corretta formattazione del testo e l’impiego di caratteri Unicode in modo assolutamente trasparente; inoltre ciò che è scritto in HTML non diventerà mai obsoleto, perché malissimo che vada, può essere facilmente riportato al TXT primitivo.
Dunque credo che prima o poi tutto sarà pubblicato online in formato HTML.
Nel 2003, appena tornato in Italia, decisi che non avrei più pubblicato su carta, ma solo online, e non mi sono ancora pentito di quella scelta. Ho iniziato a lavorare a un mio sito di musicologia avendo solo pochissime nozioni di programmazione.
Per essere attivamente online, per prima cosa bisogna comprare uno spazio sul web, ovvero creare un nome per il proprio sito. Quando ho iniziato, questa cosa non era semplicissima, perché i siti ancora venivano visti come prodotti professionali indirizzati da una parte alle discipline scientifiche, dall’altra alle istituzioni e alle grandi ditte.
Oggi è molto facile da un punto di vista amministrativo aprire un sito, ma mia moglie e io abbiamo voluto spingerci oltre. La nostra scommessa è stata quella di ottenere la certificazione ISSN (International Standard Serial Number) che qualifica il nostro sito come pubblicazione pari a quelle tradizionali. Crediamo che questa sia la conditio sine qua non per chiunque voglia seriamente traslocare su internet le proprie ricerche e siamo fieri di essere stati tra i primi a farlo nel mondo.
A differenza del ben noto ISBN (International Standard Book Number), l’ISSN qualifica le risorse che vengono continuamente arricchite e aggiornate: tradizionalmente in questa categoria ricadono le riviste, ma come da logica, i siti con contenuti scientifici non possono che essere qualificati con gli stessi criteri. Abbiamo avuto un non breve scambio di opinioni con i responsabili italiani dell’ISSN, i quali in conclusione hanno onestamente compreso le nostre ragioni e acconsentito alla registrazione di www.eratosthenica.it.
Il passo successivo implica la creazione delle pagine del proprio sito. Sostanzialmente, ci sono due strade percorribili: appoggiarsi a una piattaforma di gestione di siti, come per esempio WordPress o programmarsi il sito da soli.
Utilizzare WordPress è facile, facilissimo, ma ci farebbe ricadere nella trappola del formato proprietario. Di fatto, una volta che inserisco il mio contenuto in una sorta di ben costruito buco nero, posso sì ancora controllare cosa ci ho infilato, ma alle condizioni dei possessori della piattaforma, non alle mie. Inoltre, non so esattamente come le singole funzioni presenti sulle mie pagine vengano gestite dal software di WordPress.
Bisogna pensare alla creazione di un sito come alla costruzione di un mobile. Per esempio, se abbiamo bisogno di una libreria possiamo scegliere un prodotto prêt-à-porter IKEA oppure commissionare il lavoro a un ebanista.
I vantaggi di scegliere IKEA sono evidenti a tutti, ma il mobile finito non può essere messo a confronto con un prodotto di ebanisteria, perfettamente adattato alle nostre esigenze e agli spazi disponibili. Ancor meglio se sei l’ebanista di te stesso.
Una volta deciso di essere ebanista, per pubblicare online ho dovuto imparare a gestire vari linguaggi di programmazione dai nomi esotici: il suddetto HTML, ma anche PHP, JavaScript e MySQL.
Ovviamente, rispetto a un programmatore professionista sono un ignoramus, ma ho cercato e cerco tuttora di imparare quello che mi serve al momento.
In conclusione.
Il grosso vantaggio del lavorare in ambiente web è che non ci sono segreti: navigando online e sapendo formulare la domanda correttamente, si trova qualsiasi risposta, e tutte le persone che incontri virtualmente sono pronte ad aiutarti a risolvere il tuo problema o a insegnarti come risolverlo in modo completamente gratuito.
Non è facile capire perché questo avvenga, però di fatto si può lavorare sui propri siti senza spendere nulla di più dell’affitto dello spazio web e dei costi di connessione alla rete.